Caccia a Comacchio - Nicola Palladino

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Caccia a Comacchio

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Ormai la prassi per queste uscite è la solita, come il giorno 10 Marzo 2012, puntare la sveglia alle 5:00 e arrivare sul posto che il sole non è ancora alto. Adesso si va ancora bene, diciamo, ma appena si cambia l’orario allora la musica cambia, bisognerà uscire di casa un ora prima per vedere l’alba per non rinunciare alla splendida luce del mattino. L’appuntamento è di fronte all’ingresso di lido di Spina sito fra i sette lidi di Comacchio sulla strada statale Romea, quella che da Ravenna porta a Venezia per intenderci. Da qui si percorre una strada privata e per non destare sospetti viaggiamo a passo d’uomo e speriamo che nessuno ci chieda perché ci troviamo lì. Parcheggiata la macchina, carichiamo sulle spalle i nostri zaini e ci incamminiamo verso una paratia apposita per avvistamenti. Non facciamo in tempo a scorgere il panorama che da dietro di noi partono in volo un centinaio di fenicotteri, bellissimi, che passano sulle nostre teste e raggiungono gli altri della colonia davanti a noi, prima di fare qualsiasi mossa con la fotocamera rimaniamo incantati dallo spettacolo, fenicotteri rosa che in quella palude stanno nidificando e quindi si alternano danze di corteggiamento a lotte tra maschi. Solo in questa fase finisce la mia prima compact flash.

Lo spettacolo è emozionante ma non basta, decido di avvicinarmi e osservare più da vicino. Allora molto silenziosamente e stando basso mi infilo tra la sterpaglia e guadagno i primi cinquanta metri, i fenicotteri non si accorgono di me e sono già in una buona posizione ma ancora non mi accontento. Ho davanti a me un piccolo dosso e decido di oltrepassarlo. Ho dovuto gattonare per il primo tratto e letteralmente strisciare a pancia in giù per percorrere dieci metri fino ad un punto che mi sembrava buono. Finalmente ci arrivo e senza perdere altro tempo inizio a scattare. Da quì si fanno delle buone foto ma manca ancora qualcosa.

Mi tenta molto un piccolo isolotto di vegetazione, da quel punto potrei scattare da distanza molto ravvicinata e riuscire a stare nascosto allo stesso tempo. Allora via! Per raggiungere quel punto mi basta passare un piccolo lembo di terra e poi è fatta. Il terreno è fangoso ma presenta delle crepe, tipiche del terreno asciutto e allora mi fido. Il primo passo è perfetto, ma già dal secondo c’è qualche problema, affonda la mia scarpa a metà e io ugualmente vado avanti. Questa volta la gamba sprofonda oltre il ginocchio. Cerco di fare leva con il corpo per liberarmi ma nulla da fare, in tre secondi mi ritrovo dentro il terreno dalla vita in giù, sono caduto in una sorta di sabbie mobili. La mia salvezza sono stati i miei compagni, appena si sono resi conto che da solo non sarei riuscito a venirne fuori mi hanno soccorso, facendo una catena umana ho prima passato loro la mia attrezzatura e una volta liberatomi della zavorra mi hanno tirato via.
Sinceramente non ho fatto in tempo a spaventarmi perché sono stato subito soccorso ma a freddo ho realizzato la pericolosità se fossi stato da solo. E stata una esperienza che mi ha permesso di godere di uno spettacolo naturale unico e soprattutto apprezzare la mia compagnia.


 
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