Gujarat - Nicola Palladino

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GUJARAT 08 Gennaio 2012: Ritengo che anche oggi il mio dovere si sia concluso, più di quattro ore ininterrotte al mercato devono bastarmi almeno per tre giorni, del resto anche il capo del nostro mercato oggi si è leccato i baffi della mia spremuta di canne di bambù.  
“Daya ricordami perché compro da te questa deliziosa bevanda invece che da un altro anche se costa le tre volte”, senza pensarci troppo e con aria disinvolta rispondo: “Perché è tre volte buona!”.
Del resto in qualche modo devo arrotondare e non mi va di spaccarmi di lavoro tutto il giorno. Tanto da me passano militari e politici molto influenti e, una mano lava l’altra, io gli offro la mia spremuta, tanto per gli altri la vendo a caro prezzo, e loro in cambio assecondano velocemente le mie richieste. Chi viene a comprare da me sa benissimo di pagare molto di più che dalle altre parti e a volte non beve neppure perché non gli piace, ma se vuoi quel favore da me allora non hai scelta.
La giornata volge al termine e non faccio in tempo a finire di riporre i miei attrezzi che  a  stento distolgo lo sguardo da due bianchi alquanto strani. Lui sopratutto con un aggeggio che ogni due secondi si porta alla faccia che se fosse un fucile avrebbe fatto fuori la metà del villaggio, attira la mia attenzione perché non ne vedo tanti da queste parti. Solitamente il turismo da noi è prettamente indiano, i viaggiatori provengono da ogni parte dell’India e sono famiglie benestanti che si possono permettere di andare in giro a visitare il nostro paese. Io li fisso attentamente quasi divertito perché so già che sono diretti da me, fanno per un po gli indifferenti ma piano piano si avvicinano, io rimango impassibile per dieci minuti poi visto che voglio andare a casa decido di prendere l’iniziativa e per rompere il ghiaccio chiedo loro di farmi una fotografia.

ROMA FIUMICINO 31 Dicembre 2011: E’ qui che inizia la nostra avventura e quando in Italia si sta per dire addio all’anno 2011 noi siamo a Dubai, meta intermedia per Ahmedabad, la capitale del Gujarat, il paese che visiteremo io e mia moglie. Capodanno in un Duty Free non è il massimo e neppure scoprire che i fantomatici prezzi bassi sono solo una leggenda. Se non fosse stato per una coppia di anziani signori davanti a noi che si scambiavano gli auguri di buon anno, l’inizio del 2012 all’aeroporto di Emirates poteva essere un qualsiasi altro momento di caos e super affollamento, lo stesso caos che incontreremo poco dopo ad Ahmedabad con i suoi cinque milioni di abitanti.  
Ci accorgiamo subito che senza autista e auto privata non faremo molta strada. Mr. Dhamraj,  abituato ad accompagnare turisti indiani, parla un chiarissimo inglese e così senza troppi convenevoli ci porta nella città di Modhera, a 102 km da Ahmedabad, dove si trova un magnifico tempio dedicato al Dio Sole. In parte danneggiato, fu costruito dal Re Bhirudev I (1026-1027) circa due secoli prima del ben più famoso tempio di Koranak. Come quel tempio, è stato progettato in modo che la luce del sole all’alba illumini l’immagine del dio Surya, durante gli equinozi. Il vestibolo principale ed il tempio si raggiungono attraversando un colonnato, l’esterno del tempio è ricoperto di fitte e belle sculture.

Il sito è frequentato da tantissimi pellegrini e non faccio in tempo a scaldare la mia reflex che veniamo circondati da una decina di bambini. Devo confessare la mia sorpresa nel vedere quanta curiosità riuscivamo a suscitare nella gente del luogo. Per i bambini era un gioco farsi fotografare e ancora di più rivedersi nel monitor sul dorso della mia macchina fotografica. L’apice della gloria l’abbiamo raggiunto quando ad uno di loro ho regalato la mia penna a sfera con scatto, vedere la felicità sul volto di quel bambino con un gesto per me insignificante è stata una strana emozione. Subito il bambino mostra il suo tesoro agli amici e ai suoi genitori che corrono da noi per ringraziarci e allora colgo l’occasione per immortalare questo momento; certo mi avrebbe fatto comodo il mio fedele Manfrotto 055, ma l’economia dello spazio del nostro bagaglio a mano (unico bagaglio del nostro viaggio) non ha previsto il cavalletto. Niente paura è presto sostituito da una colonna del tempio alta circa un metro decorata in fango da un bel capitello che fa proprio al caso nostro.
Non si perde tempo e Mr.Dhamraj ci consiglia di visitare Zainabad che dista 60km da qui,  una regione in cui vivono popolazioni denominate “Salt People”, famiglie nomadi che durante la stagione secca si occupano dell’estrazione del sale. Operazione che avviene pompando acqua salata in superficie e lasciandola evaporare, permessa fino alla stagione dei monsoni quando la piena spazzerà via le loro misere capanne e tutti i loro possedimenti . A Zainabad nel “Little Runn”, si organizzano safari dove con gran sorpresa facciamo un piacevole incontro. Non lo avevo mai visto così da vicino e faceva parte dei miei oggetti del desiderio, ma proprio a migliaia di km da casa finalmente lo incontro, un Canon EF 800mm f/5.6 L IS USM a bordo di una 7D. A manovrare il cannone, i nostri compagni di jeep, un ragazzo indiano appena diventato ingegnere in compagnia di suo padre. Il fuoristrada parte appena noi paghiamo la tariffa; siamo noi a pagare per tutti i componenti del safari in quanto la regola è quella di non far pagare gli indiani ma solamente i turisti occidentali. Il ragazzo sembra in preda ad un raptus adrenalinico e come se avesse tra le mani un fucile di precisione spara a raffica qualunque cosa si muova nel raggio di 100 metri. Mia moglie fa amicizia con il padre del ragazzo e ci racconta che il figlio si è appena laureato in ingegneria ma purtroppo non ha ancora trovato lavoro e auspica a malincuore un suo trasferimento verso occidente. Mia moglie non avendo dimestichezza con i prezzi di tale attrezzatura e avendo io evitato accuratamente sempre l’argomento, rimane stupita quando impara il costo del solo obiettivo che questo signore ha voluto regalare a suo figlio perché da anni appassionato di fotografia. Giriamo all’interno del parco per ore e la nostra attenzione è attirata dal raro asino selvaggio.

A questo punto il viaggio prosegue in treno fino a Bhuji, capitale della regione del Kutch, posta nella zona occidentale ai confini con il Pakistan. Nel 2001 un terribile terremoto devastò il territorio che ancora oggi mostra postumi evidenti. La nostra avventura prosegue in treno e possiamo dire che otto ore in un treno indiano sono da considerarsi davvero un’avventura. Sul treno c’era gente di tutti i tipi e ci siamo divertiti, come spesso ci capita di fare anche in Italia, ad immaginare , guardando singolarmente gli individui tra la folla, cosa stessero pensando in quel momento e dove fossero diretti. E’ una folla variegata, dal manager elegante con tanto di borsa 24ore al bambino vestito di stracci. Proprio con un gruppo di bambini riusciamo a scambiare due parole, purtroppo non parlano molto bene l’inglese ma sufficiente per capire che in una comitiva di sette ragazzi solo due frequentavano ancora la scuola. Loro ci guardano incuriositi e attendono con impazienza il loro turno per cercare di farci qualche domanda. Sembriamo per loro appena sbarcati dalla luna, si percepisce un sentimento misto tra ammirazione e stupore,  che confesso ci fa provare un poco di imbarazzo

A questo punto dell’itinerario è arduo trovare un autista con auto privata che ci accompagni a visitare i villaggi tribali semi nomadi verso il confine Pakistano, ma con   costanza riusciamo a trovare il gentilissimo Mr. Raajan con una nuovissima Suzuki disposto ad aiutarci. Ci informano inoltre che occorre uno speciale permesso per visitare  questi luoghi che viene rilasciato solo dalla polizia locale e non tardiamo a capire che se vogliamo affrettare un po i tempi bisognerà “ungere gli ingranaggi”. Il nostro autista ci spiega che ad occuparsi dei permessi è un certo Mr. Daya, venditore di spremute di canne di bambù, il cui vero lavoro è quello di incassare mance e propinare cattivissime spremute che sono solo di copertura. Questo Mr. Daya ha le conoscenze per farci avere questo permesso in tempo reale, basterà comprare da lui una spremuta e nel prezzo è compresa anche la nostra autorizzazione. Sarà lui stesso mentre noi ci intratteniamo con la bevanda ad andare dalla polizia e saltare tutti gli ostacoli intermediari che altrimenti ci sarebbero costati 48 ore. E valso tutto per poter ammirare i villaggi di Ludia, Khavda, Kuri e Dhordo. Le popolazioni di questi villaggi sono caratterizzate dal loro abbigliamento colorato e dalle decorazioni in fango sulle loro abitazioni. Al di là dei villaggi si nota un paesaggio abbagliante e surreale, un deserto bianco composto di sale, una terra di nessuno che arriva fino al Pakistan. Proseguiamo il nostro viaggio verso il parco di “SASAN GIR” dove vive il leone asiatico. Siamo davvero fortunati perché incontriamo degli slendidi esemplari. Ancora carichi di adrenalina affrontiamo altre nove ore di  treno e autobus fino alla città di Bhavnagar; da qui è stato facile reperire auto e autista che l’indomani ci avrebbe portati a Palitana, famosa per i suoi templi situati a tremilacinquecento scalini da terra.
In città troviamo finalmente un ristorante di pesce così da variare la nostra dieta fino a quel momento rigorosamente vegetariana. Una sola volta ci siamo trovati in un posticino dove cucinavano il pollo, ma abbiamo desistito quando ci siamo accorti che i cannibali venivano accomunati tutti in una saletta piccola e maleodorante, un po’ come da noi le sale fumatori. Fuori la vita scorre tranquilla, in uno scenario tipico indiano, colorato e magico.

SOLAROLO 15 Febbraio 2012: E ora di formulare un bilancio complessivo, è stato appassionante visitare il Gujarat, una regione sperduta e poco conosciuta dell’India, dove convive una popolazione di religione a maggioranza Jainista con una minoranza mussulmana. Una terra poverissima ma ricca dei Tesori dell’India che pochi conoscono. Anche nella parte nord nel Gujarat, come nell’intera India, si percepisce nelle persone una cultura di rassegnazione alla vita al limite della dignità umana; gente che purtroppo per propria volontà e non solo non insegue un ideale di progresso. A tutto questo si aggiunge il degrado dell’ambiente caratterizzato spesso da maleodore e sporcizia. Malgrado ciò questi luoghi non sono presto dimenticati e ad un mese dalla fine del  viaggio è ancora vivo nel nostro cuore il ricordo di un posto stupendo, il Gujarat, le cui “intense” contraddizioni rendono unico.

P.S. Riceviamo oggi la prima mail di Mr. Daya che, alla fine della trattativa, oltre a prestarsi per alcuni ritratti fotografici, ha scambiato con noi qualche battuta e l’indirizzo mail. Ci ringrazia perché volendo vedere il nostro paese, ha apprezzato molto le foto di Ravenna e dei suoi fantastici mosaici che gli ho mandato. Purtroppo non avendo una reflex non può ricambiare il favore, ma la prossima volta ci riserva, dice, due spremute gratis.

 
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